Di Paolo Trentini
Due ragazze si conoscono in un master universitario, diventano amiche e iniziano a collaborare e lavorare insiem. Un giorno, durante il lockdown, impossibilitate a svolgere il loro lavoro di mediatrici culturali, inventano dal nulla “Tessere Tessere”. Un gioco da tavolo aperto a tutti, fatto di 60 carte che hanno su una faccia le opere di 16 artiste e artisti e sull’altra una serie di attività per avvicinarsi all’arte in maniera non convenzionale. Con due particolarità: il filo disegnato che attraversa tutte le carte e le lega per poter giocare all’infinto dà la possibilità, radunando le tessere, di comporre un metro quadrato: la famigerata distanza sociale.
«Il nostro strike, spiegano Francesca e Agnese, ha un nome, “Tessere Tessere”, che già da solo descrive molto del progetto. Leggendo bene si nota che emerge la parola “essere”, fondamentale in questo progetto perché attraverso l’arte, lo strumento da noi usato, cerchiamo di relazionarsi con le persone per stare in quell’essere, riuscire a incontrarci con l’altro. Questo “altro” può essere un’altra persona o l’altro da noi stessi che non riusciamo a incontrare sempre, oppure la natura, la città… tante cose. E’ un progetto molto ampio, il nostro Strike ne contiene in realtà molti. Uno di questi è stato rendere le nostre idee un mazzo di carte. Si tratta di 60 carte o tessere, 60 attività che sono diventate un gioco giocabile, concreto, tra poco sarà stampato e sarà nelle mani delle persone che vorranno averlo. Un altro strike è stato unire due amiche, professioniste, sognatrici che abitano lontano (Francesca è di Trento, Agnese di Mantova, ndr).
Ci siamo conosciute partecipando allo stesso master a Roma, in studi avanzati di mediazione museale. In realtà all’inizio ci siamo un po’ studiate. La scintilla è scoccata al museo Gnam di Roma. Abbiamo passato tanto tempo insieme, abbiamo parlato e dopo aver mangiato una carbonara è nato qualcosa. Diciamo che ci siamo un po’ scelte, abbiamo molte affinità e tante differenze e questo funziona bene nel caso di progetti come il nostro. Pensavamo di non riuscire a realizzarlo ma poi, mano a mano che gli step andavano avanti ci dicevamo “ma allora possiamo credere in quello che stiamo facendo” e il fatto di essere diverse ci ha aiutate e ognuna sopperisce alle mancanze dell’altra. Attraverso questo gioco siamo riuscite a continuare il sogno di portare avanti la mediazione d’arte, mestiere difficilissimo. In estrema sintesi siamo quelle persone che accompagnano o adulti o bambini tramite visite guidate o laboratori all’incontro con l’arte, ma per noi questo progetto è un manifesto di cosa facciamo e come facciamo il nostro lavoro e vogliamo in questo modo raggiungere quelle persone che non conoscono questa figura professionale.
Tessere Tessere è nato in un periodo del mondo particolare, durante il primo lockdown come idea e durante il secondo lockdown come progetto concreto.
Siamo riuscite a “sopravvivere” in un momento difficile, cercando di trovare un senso al nostro lavoro che in quel momento era impossibile fare perché i musei erano chiusi e gli alunni delle scuole non si potevano muovere. Quindi, da una parte, a scuola, non avevamo le opere, dall’altra, nei musei, non avevamo le persone. Abbiamo voluto scardinare un lavoro pensato solo in questi luoghi fisici che noi abitiamo perché ci lavoriamo e collaboriamo. Lo stimolo è stato la gestione di due laboratori online per il museo MuA di Sinnai in Sardegna. Avevamo molto tempo a disposizione per pensare come progettare i due workshop e volevamo renderli più concreti. Le tessere erano qualcosa di giocoso, dato il momento avevamo voglia di giocare, e anche se all’inizio erano virtuali, appena avuto il primo mazzo tra le mani abbiamo capito che le tessere danno la possibilità a chiunque le tenga in mano di usarle come vuole. Abbiamo quindi coinvolto 16 artisti e artiste chiedendo loro di donarci l’immagine di una loro opera che avrebbe trovato spazio sul fronte delle tessere. In totale ci sono le immagini di 15 opere, ognuna con 4 attività diverse. L’idea è di pescare una tessera e svolgere l’attività lì descritta in una modalità che potrebbe essere ripetuta all’infinito. Non c’è un vincitore, non c’è competizione, è un gioco per sviluppare socialità ma può essere fatto anche come solitario o anche mediato da noi, che poi è quello che più ci piace fare. Può essere giocato a tutte le età e unire adulti e bambini, ma possono utilizzarlo gli insegnanti in classe, nei musei per servizi educativi, in azienda per team building e così via. Diciamo che la nostra mediazione aggiunge un tocco in più e un laboratorio con la nostra presenza può avere uno spunto diverso, perché noi le tessere le abbiamo create, le utilizziamo, le mescoliamo, ci prendiamo il diritto di modificarle in parte e sicuramente conferisce un nuovo tipo di output.
Anche il target di riferimento è cambiato col tempo. All’inizio lo avevamo pensato per adolescenti e adulti, poi abbiamo notato che in realtà funziona per qualsiasi persona e può includere più età possibili.
Tessere Tessere nasce come strumento che le persone possono usare e ciascuno può utilizzarlo come vuole, da solo, in gruppo.
Ultima chicca: le tessere messe tutte assieme su un tavolo formano un metro quadro di superficie, che poi è il famoso metro di distanza del lockdown. Il metro, all’epoca una limitazione, è diventato l’occasione per abitarlo in maniera nuova e vivere esperienze anche a casa propria nella propria stanza, dove si passava tutto il giorno. E i risultati iniziano ad arrivare. Premesso che già solo il fatto stesso di realizzarlo è stata un’impresa, la soddisfazione è stata verificare la sua bontà in diversi laboratori e in contesti molto differenti: dalle scuole ai festival, dall’accademia delle belle arti ai musei on line e così via. Ora c’è Lasecondaluna, associazione culturale di Laives, che ha creduto nel progetto e ha voluto stampare le tessere, e questo è un grande strike! Il nostro sogno al momento è riuscire a fare nuovi laboratori far sì che il gioco che abbia una vita propria, che resti per noi uno strumento per incontrare contesti sempre diversi e per farlo crescere e cambiare. Può essere che grazie alle carte qualcuno entri in un museo in cui prima non era mai entrato, che possa fare incontrare persone diverse e farle crescere. Non neghiamo che ci piacerebbe provare il gioco anche in altri contesti, come nelle aziende.
La parte fondamentale del nostro progetto sono gli artisti e le artiste che hanno accettato subito la proposta e sono stati molto contenti.
Si va dall’artista più affermato a quelli più giovani. E’ stato molto difficile per noi sceglierli, forse la fase più difficile. Volevamo che il gioco fosse un museo, una mostra portatile e che contenesse più linguaggi possibili. Sono artisti e artiste contemporanee che noi conosciamo personalmente e ogni linguaggio è diverso dall’altro: c’è la scultura, la pittura, la performance, il fumetto, la fotografia, il suono, la grafica, il disegno, l’azione, l’arte ambientale. Volevamo coprire più linguaggi possibili per creare più porte possibili da offrire alle persone per entrare in un nuovo mondo. Vogliamo cercare di rendere tangibile questa potenzialità grandissima offerta dall’arte contemporanea che molto spesso ci sembra lontana e invece parla la nostra lingua, fa parte del nostro presente e ce lo può far capire meglio. Un altro momento di difficoltà lo abbiamo avuto nel momento di passaggio dall’ideazione alla realizzazione. Non capivamo come dare forma a tutti i pensieri che avevamo in testa, ci ripetevamo che era una cosa che non aveva senso, non eravamo convinte di doverci spendere per poi magari non aver nessun risultato o prospettiva. Poi, vedendo che passo dopo passo il progetto prendeva forma, diventava reale e funzionava, le nostre perplessità sono via via svanite.
Tra le persone da ringraziare c’è sicuramente la nostra amica Isabella Atzeni, anche lei conosciuta al master di Roma. Senza la sua energia che ci ha spinte non saremmo qua. Poi dobbiamo ringraziare gli artisti e le artiste, ovviamente, senza la fiducia che ci hanno dato loro non avremmo potuto arrivare sin qua. Le loro opere le sentiamo anche un po’ nostre e diventeranno delle persone che useranno le tessere. Ringraziamo anche gli scrittori e le scrittrici all’interno del mazzo, importanti tanto quanto le opere. In particolare vogliamo citare le nostre due muse ispiratrici Maria Lai e Etty Hillesum, e infine tutti quelli che hanno nutrito il nostro lavoro con le loro riflessioni, poesie e canzoni.
A chi si approccia a un’idea, a un nuovo progetto diciamo “Non bloccatevi davanti ai sogni, anche se sembrano impossibili. Dovete superare quella paura iniziale di disobbedire anche a voi stessi e ai limiti che vi imponete e che vi impone la società; dovete cercare di non avere paura di dare il vostro contributo e usare la vostra voce. Non abbiate paura di trasformarvi. Anche il vostro progetto si trasformerà continuamente come è stato per il nostro, non è detto che l’idea originale rimanga intatta. Magari quello che si realizzerà alla fine non è quello che si pensava all’inizio ma va bene così: anche Tessere Tessere è uscito da un laboratorio. Non abbiate paura di essere qualcosa e di seguire quelle che sentite essere le vostre particolarità, differenze e talenti”. Infine vi invitiamo a trovarvi buoni compagni di strada perché, senza una di noi due Tessere Tessere non esisterebbe. Trovate qualcuno con cui condividere la strada e i sogni».