In bici dal Brennero alla Puglia per un futuro migliore

Il circo di montagna di Miriana
26 Marzo 2023
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Michelangelo Lamonaca ha pedalato dall’Alto Adige a Santa Maria di Leuca per lanciare un messaggio a favore dell’ambiente

Di Paolo Trentini

Ph. Maria Chiara Betta

Quattro ragazzi, quattro amici guidati da Michelangelo Lamonaca, 25enne, e Vivian Rustige, 27enne, residenti a Bolzano, tutti uniti dalla passione per la bicicletta e attenti alle questioni della mobilità sostenibile inventano un viaggio. Non una gita qualsiasi ma un vero e proprio “coast to coast” dal punto più a nord dell’Italia, il Brennero, fino al punto più a sud, Santa Maria di Leuca. Un modo per fare luce sullo stato delle ciclabili nel Paese, ma anche spronare tanti altri come loro a impegnarsi per un futuro migliore.

«A febbraio 2021, trascorso un semestre di ricerca sulla mobilità sostenibile che poi sarebbe diventata argomento di tesi all’università di Bolzano, io e il mio amico Vivian ci siamo chiesti cosa potessimo fare per lasciare un segno tangibile della nostra esperienza. Dato che la nostra ricerca era incentrata sulla mobilità sostenibile e principalmente focalizzata sull’utilizzo della bicicletta ho proposto di fare un viaggio in bici. Non una scampagnata domenicale qualunque, una cosa più impegnativa e strutturata con partenza dall’Alto Adige, sede della nostra ricerca, e arrivo in Puglia. Il luogo finale l’abbiamo scelto sia perché io sono pugliese d’origine sia perché le ulteriori ricerche ci hanno portati a scoprire numerosi percorsi cicloturistici che sono menzionati come tali ed esistenti sulla carta, ma in realtà le cose sono molto diverse. Uno dei nostri obiettivi era capire lo stato delle ciclabili da nord a sud Italia. Come ci aspettavamo, la condizione delle infrastrutture non era sempre uguale a quella descritta, ma anche la cultura per la bici non era la stessa. A conti fatti è stata una bella esperienza per poter vivere sulla nostra pelle il cambiamento in atto in questi anni e quanto fosse bello vedere con i nostri occhi lo stato reale delle infrastrutture dedicate alla bici piuttosto che parlare per sentito dire. Eravamo consapevoli di non riuscire a farcela da soli, così abbiamo contato molto sull’aiuto delle persone locali, che c’è stato, ed è stata l’opportunità per farci sentire vivi e a contatto con le persone. Un contatto vero. Siamo social su Instagram su Tik Tok, ma non lo siamo nella vita reale. Volevamo usare la bici per riattivare la nostra socialità e far rendere conto ai giovani di connettersi con le persone. dove vivono. 

Io e Vivian abbiamo fatto tutta la ricerca insieme, quando gliel’ho proposto è stato subito d’accordo, anche perché venivamo entrambi da due esperienze simili. Lui aveva già effettuato un viaggio in bici a 20 anni, e io a 19 avevo fatto il cammino di Santiago. Non tutto, “solo” gli ultimi 110 chilometri, ma è stata comunque una bella esperienza. Gli altri due nostri compagni di avventura Andrea e Laura, si sono aggiunti più avanti, non appena hanno saputo del progetto: Andrea durante la primavera, Laura si è unita al team nel mese di luglio.

Il primo settembre abbiamo iniziato a pedalare dal Brennero e 30 giorni dopo, come da cronotabella, siamo arrivati a Santa Maria di Leuca.

Siamo partiti con il tipico entusiasmo misto a incoscienza di chi fa una cosa nuova e affascinante, pur non avendo tutta l’esperienza del caso, quella che invece sarebbe servita, per cui è stato anche se non un azzardo un viaggio con la consapevolezza che sarebbero successe alcune cose in itinere e non sarebbero mancati gli imprevisti. Avevamo con noi tantissimi bagagli. Ci siamo resi conto in poco tempo che erano troppi. Avevamo le borse da cicloturismo, le tende perchè qualche notte l’abbiamo passata all’aperto, il materiale necessario per cucinare anche se prevalentemente siamo stati ospitati dalle associazioni che incontravamo lungo il percorso e che avevamo contattato prima di partire e tante altre cose superflue.

Il viaggio in bici ci ha fatto capire quanto sia fondamentale essere leggeri e portarsi dietro solo l’indispensabile.

Abbiamo capito come siamo inseriti in una società consumista quando invece sarebbe fondamentale avere poche cose e solo quelle che effettivamente servono per un bisogno specifico. A quel punto non si ha bisogno di alcuni privilegi che però diamo per scontati e si scoprono quali sono davvero i propri bisogni. In totale il viaggio è durato un mese preciso per un totale di 1650 chilometri percorsi, più o meno 50 al giorno come minimo; alcune giornate siamo arrivati a farne 80, 90 anche 100, ma non abbiamo mai superato i 130 km. Scesi lungo l’Adige abbiamo raggiunto Verona, Mantova, Modena dove c’è la bellissima ciclofficina Officine Recycle specializzata nelle cargo bike e Bologna. Da qua abbiamo proseguito lungo la via Emilia in direzione del mare e quindi abbiamo percorso tutta la riviera adriatica fino in Puglia. Arrivati al Gargano abbiamo effettuato una piccola deviazione nell’entroterra e ci siamo divisi: io ho proseguito verso la Basilicata, mentre Vivian e gli altri hanno ripreso la strada verso la costa. Ci siamo reincontrati il 27 a Locorotondo per svolgere un’attività insieme e da lì abbiamo proseguito fino al “traguardo” di Santa Maria Di Leuca. 

Il nostro viaggio è stato possibile grazie alla Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta) e a Spazio Autogestito 77 che, già prima, ma soprattutto dopo l’evento di lancio del viaggio allo spazio di coworking Drin, sono stati fondamentali.  Ci tengo a ringraziare molto tutto il personale del sodalizio a partire dal presidente della sezione di Bolzano Fabio Martorano. Ha preso a cuore da subito la nostra causa e pure lui è un grande cicloviaggiatore. Ci ha presi sottobraccio come farebbe un nonno coi suoi nipotini e ha mandato una lettera a tutti presidenti di tutte le sezioni della Fiab facendo sapere loro del nostro viaggio.

Anche lo Spazio autogestito 77, meritano una menzione così come i ragazzi di Pedale Radicale, la ciclofficina sociale che ci ha dato sempre spazio per raccontare la nostra storia, e l’input per ottenere visibilità mediatica. Ne approfitto per ringraziare anche la mia famiglia, soprattutto la mia ragazza: è la mia compagna di uscite in bicicletta e condivide come me la passione per la bici. Fisicamente non era con noi durante il viaggio, ma ne vedeva l’evoluzione e ci incitava.

In occasione dell’evento di lancio del viaggio Vivian ed io abbiamo creato dei tavoli di lavoro e chiesto alle associazioni invitate (FIAB, Spazio 77, Pedale Radicale, eccetera) e alle persone curiose di darci una mano nel trovare dei contatti di associazioni o persone lungo la nostra tratta che ci avrebbero potuto aiutare. Avevamo preparato una lista di città toccate lungo il viaggio e a seconda della città fortunatamente abbiamo scoperto che c’era chi conosceva delle persone, o delle associazioni che trattano di mobilità ciclistica e che ci avrebbero fornito aiuto e indicazioni. In cambio dell’ospitalità e dell’aiuto avremo svolto delle attività: Vivian ha proposto delle attività artistiche, io ho collaborato a una mappatura partecipativa delle ciclabili. Non una semplice mappa con le indicazioni di andare da un punto a un’altro, ma un tracciato con l’obiettivo che chi andrà dopo di noi su una determinata strada possa farlo in sicurezza. Non si possono prendere in giro le persone dicendo una cosa e poi magari si trovano a percorrere una strada con i mezzi pesanti che sfrecciano accanto a pochi centimetri di distanza. I mesi estivi precedenti al viaggio li abbiamo trascorsi creando un contatto e conoscendo meglio queste persone e organizzato le ultime cose. Abbiamo sempre mantenuto un grande punto di domanda su di noi perché non eravamo affatto sicuri che fisico e bici avrebbero retto lo sforzo. Non siamo dei ciclisti professionisti e nemmeno le bici erano strutturate per sopportare un lungo viaggio e il peso nostro e dei bagagli. Questo in poco tempo è diventato un nostro nuovo strike: dimostrare che persone non professioniste del pedale ce la possono fare e possono andare ovunque anche non essendo dotate di mezzi di alta gamma.

Le difficoltà e gli imprevisti ce le aspettavamo e non sono mancate. Ci sono stati dei tratti in cui è stato impossibile trovare strade tranquille e abbiamo dovuto percorrere delle statali e strade ad alta velocità e frequentazione. Fondamentale è stato incontrare le amministrazioni locali alle quali abbiamo portato le nostre criticità. In Puglia, per esempio, sono stato inseguito da alcuni cani randagi, oppure abbiamo trovato delle strade in pessime condizioni, piene di rifiuti, senza una segnaletica. Abbiamo riportato tutto quanto ad associazioni e amministrazioni e in alcuni casi ho scoperto che l’ultimo sopralluogo era stato fatto nel 2016. E in 5 anni le cose erano molto cambiate e non potevano comunicare una narrazione diversa da quella reale.

La fatica è stata tanta ma per fortuna non abbiamo mai mollato.

La motivazione era troppo forte e poi ogni giorno notavamo che i nostri corpi recuperavano bene dalle pedalate e capivamo di potercela fare. Significa che la pianificazione era stata adeguata al nostro livello di preparazione. L’unico giorno che ho sofferto la fatica e il dolore alle gambe è stato quando siamo transitati sul Gargano. Era la tappa più lunga, 130 km, e abbiamo scavalcato quasi 1000 metri di dislivello. La strada era un continuo saliscendi e non dava un attimo di tregua. Quando la salita pareva finita la strada riprendeva a salire, alle volte pareva di andare su un tratto pianeggiante e poco dopo ci si rendeva conto di essere in salita. Davvero tosta e ho passato diverso tempo a sperare che la tappa finisse presto. Un altro momento poco simpatico è stato, come detto, quando siamo stati inseguiti dai cani randagi. Abbiamo avuto tanta paura e da quel momento in parecchi tratti abbiamo rallentato l’andatura perché sapevamo che i cani avrebbero potuto sbucare da un momento all’altro. E’ stata l’unica regione in cui abbiamo avuto un problema del genere.

Quello che posso dire ai giovani oggi è di sognare sempre in grande e di avere la determinazione di perseguire un sogno e di andare avanti, nonostante i commenti magari negativi delle altre persone. Qua in Alto Adige il progetto mio e di Vivian è stato visto con curiosità, se avessi proposto una cosa del genere in Puglia sarei stato preso per pazzo. A Bolzano ho maturato il coraggio di portare a termine e realizzare il sogno. Ai giovani dico di mobilitarsi, di vivere sulla propria pelle se una cosa è fattibile o è una pazzia. Lasciate perdere i telefoni e muovetevi, siate curiosi e cercate di capire come potete fare per raggiungere i vostri obiettivi».