Di Paolo Trentini
Il nome del festival, Euforia, descrive perfettamente la personalità di Miriana Nardelli, ventinovenne trentina. Artista circense eclettica, ha lasciato un posto sicuro da insegnante di inglese in Spagna per dedicarsi completamente al circo. Ora insegna alla Flic di Torino e lo scorso anno assieme a un gruppo di giovanissime ragazze ha organizzato a Sant’Anna, piccolissima frazione poco distante da Sopramonte lungo le pendici del monte Bondone, Euforia, un festival che spazia dal circo contemporaneo, alla danza, dal teatro aprendo ai dibattiti su temi ambientali e sociali.
«Era da tanto tempo che volevo fare qualcosa in località Sant’Anna, perché è un luogo che mi ricorda tanto la mia infanzia. Allora, quando ero piccola, all’età di sei anni, l’Osteria che richiama molti turisti era una semplice casa diroccata e io ci andavo con i miei genitori e i cugini il sabato e la domenica. Facevamo la classica passeggiata da Sopramonte a Sant’Anna, meno di un’ora in tutto a piedi, la stessa che facevano e fanno tutt’ora in moltissimi nel paese. Arrivavamo alla fontana, facevamo un picnic tutti assieme, rimanevamo per ore all’aria aperta e tornavamo solo quando veniva sera. Questo è uno dei ricordi più belli che ho di quando ero piccola.
Nonostante da 5 anni sia attiva come ristorante l’Osteria, molte persone di Trento ancora non conoscono questo posto e sul finire del 2021 ho pensato: “Si trova a soli sette chilometri da Trento, è un posto bellissimo, mi ricorda la mia infanzia… .beh, se fossi un genitore, una bambina o un ragazzo vorrei conoscerlo”. Così è nata l’idea di fare il Festival Euforia.
I paesani sono molto orgogliosi di avere questo luogo così bello, ricco di storia e immerso nella natura.
Euforia è nata anche per merito di un gruppo di ragazze con cui nell’estate del 2021 in collaborazione col piano giovani Arcimaga che raggruppa il comune di Trento e quelli di Cimone, Garniga e Aldeno, abbiamo organizzato un progetto che si intitola “Eco storie di montagna e persone”.
Dopo alcune passeggiate lungo i sentieri del Monte Bondone in compagnia delle guide di mezza montagna, i partecipanti al progetto si sono ritrovati per trascorrere una settimana tra Vason e la pista delle Rocce Rosse e svolgere dei laboratori di danza, circo, video e incontri in natura con esperti alla mattina, mentre nel pomeriggio ci si dedicava alla creazione dello spettacolo itinerante rivolto a un “pubblico” fatto di amici, parenti e turisti.
Chi camminava sui sentieri di Vason trovava lungo il suo tragitto alcune performance artistiche. Terminato il progetto alcune ragazze di questo gruppo molto interessate alla parte circense hanno manifestato l’intenzione di voler fare un nuovo progetto nel 2022, magari portando il circo a Sopramonte.
L’idea mi piaceva molto anche perché molte persone hanno un’idea stereotipata del circo. Lo vedono come era rappresentato nei cartoni animati, con un carrozzone che arriva in città pieno di gente strana e proveniente da chissà dove, che pianta i tendoni, si fa sparare dai cannoni o mette la testa nella bocca del leone. La realtà è piuttosto differente.
Io e i miei colleghi lavoriamo molto in teatro e nei festival; negli ultimi 20 anni il circo si è evoluto molto rispetto all’immagine di metà del secolo scorso. Io per esempio non provengo da una famiglia che da generazioni opera nel circo, ma spiegare alle persone che la realtà del circo contemporaneo è diversa da quella che vede il circo coi tendoni, gli elefanti, le giraffe è molto difficile.
Penso di essermi sentita anche un po’ la portavoce del punto di vista del circo, dei colleghi della mia professione e volevo spiegare quello che è il circo, la mia idea di circo e quanto è importante il ruolo del circo a livello delle arti performative. Per me è “fare lo straordinario”, uscire dall’ordinario e racchiudere un insieme di discipline diverse: per essere artisti circensi bisogna avere nozioni di recitazione, danza, ginnastica e tante altre arti. Non si può definire come “circo” solo quello che può essere il trapezio o gli animali.
Ho così formato un gruppo di coproduzione con le ragazze più entusiaste, di età compresa tra i 12 e i 16 anni. Abbiamo aperto una call per artisti e un tavolo di lavoro per gestire le richieste degli artisti. Sono arrivate ben 50 richieste con solo quattro posti disponibili.
La cosa che più ci ha emozionato è vedere che molti artisti che non sono stati selezionati hanno partecipato ugualmente in maniera del tutto volontaria.
Il festival si è svolto nel weekend del 24 e 25 settembre scorso e spero possa continuare nel tempo. Stiamo già pensando alla seconda edizione, abbiamo già iniziato le riunioni organizzative assieme con le stesse persone che hanno composto il nucleo organizzativo. In questa seconda edizione ci saranno delle novità! Il festival si terrà qualche qualche mese prima per avere delle temperature ottimali.
La passione per il circo non l’ho sempre avuta, è nata quando ero già adulta. Ho vissuto per sette anni in Spagna a Bilbao, Minorca, Barcellona, ma soprattutto a Valencia e lì mi sono avvicinata a quel mondo.
Insegnavo inglese alle scuole medie e alle superiori, ero un’insegnante di ruolo. Un mestiere molto bello, ma ho sempre desiderato fare qualcos’altro.
La parte artistica dentro di me ha sempre rivestito un ruolo importante: già a quattro anni frequentavo una scuola di danza, quando sono arrivata a Valencia mi sono buttata nel circo e non ne sono più uscita. Già nei primi periodi mi dedicavo agli esercizi per almeno 4 o 5 ore al giorno e tutti mi dicevano che ero una pazza. Io però avevo molta forza di volontà e in poco tempo sono riuscita ad arrivare a un livello tale che mi ha permesso di superare le varie audizioni a cui mi presentavo. L’ultima in ordine temporale è stata quella della Scuola di circo Flic di Torino e ora insegno proprio lì! Sono riuscita ad arrivare a fare quello che ho sognato.
Più di una persona è stata importante per la riuscita del Festival Euforia. Su tutte direi Luciana Bertoldi, referente dell’associazione Prodigio Odv, senza di lei il festival non si sarebbe mai potuto realizzare.
Lei è stata la scintilla in mezzo alla mareggiata, ma farei un grande torto se non nominassi il gruppo di coproduzione di ragazze che hanno deciso di proseguire le attività dopo il percorso fatto col piano giovani. Quando appena terminato un pro-getto si vede che intorno c’è tanta voglia di fare subito qualcos’altro significa che quello che si era proposto in precedenza aveva funzionato e che le cose erano state fatte nel modo giusto.
Ovviamente l’ansia e i dubbi non sono mancati. Quando si avvia un progetto per quanto si abbia bene in testa cosa fare, non si sa mai quello che potrà succedere nonostante tutta la buona volontà di questo mondo.
Il gruppo però ha risposto molto bene, ma nel momento in cui si organizza un evento che non è più rivolto a un gruppo di 15 ragazzine, ma a un’intera comunità le cose cambiano e di molto. Solo interfacciarsi con le varie realtà che compongono il festival e hanno collaborato come la stessa Prodigio capofila del progetto, l’Asuc che ci ha aiuta-to moltissimo con la logistica e la concessione dei terreni e il gruppo Alpini solo per citarne alcuni. Associazioni molto eterogenee che pur lavorando sullo stesso territorio lo fanno in maniera molto diversa.
Non nascondo i problemi da risolvere durante l’organizzazione della manifestazione. Tantissimi! Un giorno mi hanno tirato da tutte le parti ed ero talmente esasperata che ho pensato di sparire dal festival per qualche minuto, mettermi dietro la chiesa in maniera che nessuno potesse vedermi, fumare una sigaretta e poi con calma ritorno e risolvere ogni inghippo.
Le richieste erano le più svariate: non c’era la presa per la corrente, mancava il cavo per i tecnici, bisognava andare a prendere gli artisti perché il pullman era arrivato tardi, il gruppo musicale non poteva venire perché due componenti erano malati, i ragazzini che il sabato sera avevano rubato il vino che gli Alpini avevano lasciato nel chiosco… Tante cose che chi partecipa non nota ma che dietro le quinte bisognava risolvere e tutto toccava a me quando magari avrei voluto solo vedere finalmente il festival completato e ripagarmi della fatica fatta, ma anche questo fa parte del gioco.
So bene che non è facile passare da un’idea a una cosa concreta, ma se ci si butta si noteranno quante belle cose possono succedere, quanti contatti si stringeranno con persone e realtà che in seguito ti porteranno a fare altri progetti, magari anche migliori di quello che avevi in mente te. Mi sento di dire a tutti che per quanto sia difficile implementare i progetti, alla fine il lavoro svolto torna molto utile perché si impara un metodo che poi lo si utilizza anche in altre occasioni. Me ne accorgo non solo sul lavoro ma anche nella vita di tutti i giorni. Infine voglio dire a tutti di essere curiosi, di interessarsi anche ad altri progetti, non solo ai propri. Si può imparare tantissimo anche solo guardando e interagendo con altre persone e altri progetti e da lì possono nascere tantissime ispirazioni per fare cose inaspettate».