Greta Ruaro e la dolcezza del cioccolato

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Un passato da quasi ingegnera, un presente e un futuro da maestra cioccolatiera: Greta Ruaro crea dolcezze nel Primiero

Di Paolo Trentini

Greta Ruaro a Strike 2022
Ph. Maria Chiara Betta

Greta Ruaro, 35enne del Primiero, sembrava destinata a un futuro da ingegnera. Aveva quasi completato il suo percorso di studi quando si è accorta che non era quello che voleva fare. Con una buona dose di coraggio e tenacia ha deciso di cambiare la sua vita, lasciare l’università, frequentare corsi professionalizzanti e aprire un’attività tutta sua. Nel centro di Transacqua ha aperto “Dolcinella”, laboratorio dove crea dolcezze di cioccolato utilizzando anche materie prime locali e collaborando con gli artigiani del posto.

«Il mio strike, è stato inaspettato, non è stato programmato né è nato con un obiettivo o è stato frutto di un percorso preciso. Tutto ha avuto inizio da un dubbio, da una situazione di incertezza dalla quale mano a mano ho preso sicurezza e consapevolezza di me stessa. Poco alla volta ho costruito una strada che mi permettesse di stare tranquilla e poi, una volta salita su questa carreggiata, ho finalmente capito chi ero e ho scoperto che questa strada in realtà era ricchissima di ramificazioni e intersezioni con altre strade di altre persone. Soprattutto ho notato due cose: non esistono strade “preconfezionate” che una volta imboccate si può stare tranquilli per tutta la vita e se si ha intenzione di sentirsi realizzati è necessario rimboccarsi le maniche e diventare proprio “carpentieri” e costruttori di sentieri.

Il mio strike è proprio questo, aver trovato la strada giusta e poter raccontare la mia esperienza ad altre persone che si trovano ora nelle mie stesse condizioni di qualche anno fa.

Avevo superato buona parte degli esami di ingegneria, ed ero fermamente convinta che le strade di cui sopra esistessero eccome, e che imboccando una di quelle si sarebbe arrivati finalmente in un posto sicuro. Invece non è affatto vero. Sono cose che ti raccontano, ma non sono vere. Alcuni problemi in famiglia mi hanno fatto capire che quello dell’ingegnere non era proprio il mio traguardo, il mio percorso e che avrei dovuto cambiare punto d’osservazione per guardare la vita da un’altra prospettiva.

Facendo questo ho intravisto le proverbiali “bricioline” che conducevano lontano e mi sono detta “proviamo a seguirle e andiamo”. Quello che mi ha guidato è stata “la negazione”.

Ho cercato un percorso e uno sbocco lavorativo che fosse molto lontano da quello che sin lì avevo percorso, il rifiuto di quanto avevo fatto sino a quel momento. Ho fatto l’opposto di quello che avevo studiato. Ho scelto la cioccolata e la pasticceria perché poco lontano avevano attivato alcuni corsi professionalizzanti, ho scelto la prima sostanzialmente per gola, perché lavorare con il cioccolato è molto attrattivo e allo stesso tempo sfidante.

Lavorare il cioccolato è molto meno banale di quanto sembra. Se comporre una crema pasticcera necessita di un po’ di pratica, per lavorare il cioccolato a dovere è necessario un percorso molto più lungo.

Nel 2014 ho detto addio all’università, e dopo un corso di un anno scolastico, qualche lavoretto saltuario e il corso Haccp, nel 2016 ho aperto partita Iva e iniziato a cercare uno spazio dove iniziare la mia attività. Tra la fine del 2017 e il 2018 ho aperto il laboratorio “Dolcinella”, che si trova nel centro storico di Transacqua, tra la fine del 2017 e l’inizio 2018.

Un cambio di rotta non di poco conto, anche perché faccio tutto da sola, dalla contabilità alla presenza nelle fiere e mercatini, dalla produzione alla vendita in negozio. Le persone che mi conoscono hanno reagito tutte in maniera molto positiva, sanno che sono una persona piuttosto tenace. Vedendo che ero molto motivata mi hanno sostenuta dall’inizio ed erano molto incuriosite dal mio nuovo mestiere. Altre, invece, erano più scettiche, erano perplesse perché sostenevano che avrei trovato una grande concorrenza e avrei potuto soffrire oltremodo. Non sapevano che a me non importava mettermi in competizione con le pasticcerie.

Io faccio un prodotto molto diverso da quelli delle pasticcerie e di fatto mi rivolgo a una clientela diversa.

Anche il mio modo di lavorare è molto diverso da quello tradizionale. Io abbino i prodotti del territorio al cioccolato, motivo per cui sono entrata nella rete di produttori e nel direttivo di Slow Food locale. I miei prodotti nascono in sintonia con i produttori locali, al momento una decina di attività: loro lavorano le loro materie prime più svariate come mele, noci, cereali, anche fiori, e con quelle confeziono prodotti al cioccolato. Infine assieme le vendiamo alle fiere o ai mercati. Un modo differente di proporre i dolci, un modo di approcciarsi ai dolci meno consumistico ma più consapevole.

Pure l’approccio e il rapporto con i clienti è differente. Non c’è una persona che entra in un negozio, vede quello che è esposto in vetrina e lo compra. Solitamente il cliente entra in negozio e magari mi dice: “Mi sposo tra 3 mesi e vorrei tanto un cioccolatino alla birra perché sono un mastro birraio”. A quel punto io creo un cioccolatino basato sulle sue esigenze, lo faccio assaggiare, lo aggiusto, lo sistemo e poi lo produco in un quantitativo definito.

In tema pasquale anche il classico uovo non è quello che ci si aspetta. Io le uova di pasqua le personalizzo, ci scrivo sopra un nome, le compongo bianche a pois neri, assemblo uova che contengono oggetti di altri artigiani locali oppure oggetti che chi li sta regalando mi porta.

Non è importante tanto il prodotto in sé, anche se utilizzo materie di qualità, ma fa la differenza il modo di proporlo, perché il cliente non si limita a scegliere ma è protagonista del processo creativo.

Come sempre non sono mancate e non mancano alcune richieste particolari, una volta è entrata in negozio una persona che mi ha chiesto se vendessi candele, ma ultimamente le persone sono sempre più attente alla loro alimentazione. C’è chi mi ha chiesto di creare alcuni prodotti iperproteici, alcuni senza zuccheri. Sono state richieste che mi hanno gratificato molto perché la ricerca e lo sviluppo mi piacciono molto.

Ammetto che l’inizio è stato bellissimo, avevo la libertà di scegliere cosa fare, quale progetto fare, dove concentrare la mia attenzione. Quando hai qualcosa di veramente tuo, hai le chiavi del tuo destino e vedi il risultato del tuo lavoro tutto dal primo giorno diventa una soddisfazione molto grande. Poi è arrivato il classico fulmine a ciel sereno. Avevo aperto i battenti da poco, la gente iniziava a conoscermi e apprezzarmi, quando ho sofferto per un’ernia alla schiena. Questo ha comportato un’operazione e rimanere ferma sei mesi. L’entusiasmo dell’apertura e dei primi risultati è scemato immediatamente.

Poi è arrivato il Covid ma nelle avversità in questo caso sono stata fortunata. Essendo un’azienda alimentare e lavorando a porte chiuse ho potuto tenere aperta l’attività. Si è trattato di una valvola di sfogo importante, non oso immaginare quanto avrei sofferto restando chiusa in casa tutto il giorno senza potere fare nulla. Al contrario ho potuto lavorare ed effettuare consegne a domicilio. Un bel modo per rimanere in contatto con le persone.

Come i rider lasciavo i miei prodotti sulla porta o sul davanzale delle finestre, ma nel complesso non è stato così tragico come mi aspettavo. In più, dove vivo c’è moltissimo spazio aperto. Se avessi vissuto in appartamento in città la vita sarebbe stata difficile, qua nel Primiero una volta aperta la finestra c’è l’infinito.

Nel mio futuro mi piacerebbe ci fosse il coworking. Anche in questo caso un coworking non convenzionale. Solitamente si basa su lavori intellettuali, fatti di riunioni, appuntamenti al computer, progettazioni… niente di tutto questo. A me piace l’idea di poter lavorare al bancone con altre persone, perché lavorando con altre persone ho imparato moltissimo. La mia idea è quella di un laboratorio collettivo dove facciamo nuove creazioni. Un modo per ampliarmi ma senza avere lavoratori alle mie dipendenze. Un’azienda di tipo orizzontale, senza un capo e struttura gerarchica, un coworking dove si condivide lo spazio e le competenze.

Se sono arrivata sin qua, se ho fatto Strike! lo devo principalmente alla mia famiglia che mi ha sostenuto in tutti i modi, sia economicamente sia moralmente. Al momento sto seguendo un percorso di formazione con Accademia di Impresa e lì ho trovato delle persone che vorrei ringraziare. Tra loro un ringraziamento forte va ad Annalisa Zeni, che mi ha permesso di entrare in contatto con altre persone fantastiche che mi hanno fatto crescere in tutti i miei progetti.

Se invece devo pensare a un modo per aiutare qualcuno che vuole fare qualcosa di bello, posso dire che a me avrebbe fatto comodo se qualcuno qualche anno fa mi avesse detto

“Stai tranquilla, il tuo posto nel mondo c’è e lo troverai”.

Se poi a questa consapevolezza ci si aggiungono delle idee forti e dei sogni consiglio di seguirli. Vero che i sogni spesso non sono tecnicamente realizzabili, ma possono essere un’ottima base, un solido punto di partenza su cui lavorare e da utilizzare come guida. Sapere dove si vuole andare e dove si vuole arrivare è importante, poi sul come, dove e perché ci si può lavorare. Ma seguire un sogno aiuta a trovare gli strumenti per riusci-re a capire quale strada imboccare e quale è il tuo obiettivo».